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Titolo: Ucronìa. O crisi della storia
Autore/i: Renzo Fiammetti
Parole chiave: Letteratura, Seconda guerra mondiale, Media, Utopia, Prima guerra mondiale, Storia controfattuale
Come citare questo articolo: Renzo Fiammetti, Ucronìa. O crisi della storia, in “I Luoghi della storia nel Novarese e nel Verbano-Cusio-Ossola”, A. 1 – N. 1/2024
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Ucronìa. O crisi della storia
Premessa
Giorno d’estate 1939. Due uomini in auto stanno percorrendo le stradine di Cutchogue, località turistica della costa orientale degli Stati Uniti. I due uomini sono due fisici, Leo Szilard e Eugene Wigner. Stanno cercando la casa di vacanza di un professore a cui devono sottoporre una lettera urgente, indirizzata al Presidente degli Stati Uniti. Stanno per rinunciare al motivo del loro viaggio – nessuno in quel piccolo villaggio sembra conoscere il professore – quando incrociano un ragazzino a cui rivolgono la domanda. Il bambino conosce il professore e indica la casa dove l’uomo, un vecchio e buffo personaggio, che si chiama Albert Einstein, trascorre le sue vacanze. Trovatolo, gli spiegano il motivo della visita e gli sottopongono la lettera per il presidente Roosevelt. Un disponibile e allarmato Einstein firma la lettera che indica il pericolo che la Germania nazista possa arrivare a possedere – e usare – la bomba atomica: naturalmente gli Stati Uniti non possono permettere questo. Einstein non parteciperà al progetto Manhattan, ma verrà – viene – spesso associato alla bomba atomica. E se i due fisici non avessero rinunciato a cercare Einstein? Le cose sarebbero andate come le conosciamo? Oppure… [1]
Una breve ed empirica ricerca del termine “ucronia” sullo store on line di Amazon, restituisce circa trecento ricorrenze. Poco? Tanto? Quantomeno l’indizio che siamo di fronte a un termine evocativo e praticato, in letteratura come in storia.
Certo, nell’ambito letterario l’ucronia si divide fra la narrativa storica – a volte la saggistica storica – e la fantascienza pura, accendendo periodicamente dibattiti appassionanti e con all’attivo una letteratura, in senso lato, di tutto rispetto.
Intendiamo qui, in senso ampio, il termine “ucronia” come riferito a narrazioni in cui, a un tempo ordinato e che conosciamo per essere avvenuto in un modo univoco e fissato, si affiancano narrazioni in cui il tempo, ad un certo punto, ha preso direzioni diverse e sviluppi del tutto sconosciuti. Questo può essere avvenuto perché un fatto, accaduto in modo diverso, ha dato origine a una divaricazione del tempo e delle vicende in esso contenuto, generando universi diversi in cui, ad esempio, la Seconda guerra mondiale è stata vinta dalla Germania, oppure Kennedy non è stato assassinato a Dallas nel 1963.
Più specificamente, l’ucronia è un genere che attraversa almeno tre narrazioni diverse: la saggistica e narrativa storica, la narrativa tout court, la fantascienza. Non va dimenticato il fumetto, ad esempio con l’episodio 240 della serie dell’indagatore dell’incubo, Dylan Dog, in cui il protagonista si trova a fronteggiare gli imprevisti degli universi paralleli ucronici.[2] Ed è un genere che, lungi dall’essere un prodotto culturale di manifattura recente, ha trovato in questi tempi di crisi o assenza della storia un terreno fertile su cui impiantarsi, affascinando con l’idea di universi altri, di mondi diversi, di dimensioni compresenti ma distinte articolando la categoria dell’ucronia con diverse etichette: “fantastoria”, “storia alternativa”, “allostoria” o – più direttamente – “fantafascismo”.
Una prima mappa per orientarsi in questa selva oscura è quella di Diego Gabutti;[3] altrettanto utile è il riferimento – più centrato e specialistico – di Emiliano Marra.[4] Parimenti in senso generale, vanno ricordate – on line – le note di Caponetto su litis.it.[5]
Per definizione, l’ucronia ha a che fare con il passato, non con il futuro. In questo secondo caso saremmo dalle parti dell’allostoria o storia distopica. Nel passato è accaduto qualcosa che ha mutato da lì in poi il corso della storia come lo conoscevano, e quindi anche il futuro. È il cosiddetto POD, Point of Divergence. I viaggi nel tempo non sono ucronia (in questo senso non lo è il racconto La macchina del tempo di Herbert George Wells), a meno che non siano compiuti con l’intento di apportare delle modifiche a qualche evento passato, determinando così un cambiamento, come accade in diversi casi affrontati dalla Time Patrol dello scrittore americano di fantascienza Poul Anderson.[6]
È – potremmo provare a definirlo così – il teorema del se. Un se in cui gli eventi sono diversi da quelli che dovrebbero essere (stati), hanno assunto una direzione e un esito diverso da quello che conosciamo. I motivi che stanno alla base della costruzione di queste derive temporali possono essere diversi: dallo stupore narrativo, alla denuncia morale, al raccontare fatti storici come avremmo voluto che accadessero, al divertissement erudito, a nostalgie di regime,
Un universo magmatico ed estremamente diversificato in cui si può veramente trovare di tutto, anche con buona pace di divergenze logiche, semplificazioni, esiti dubbiosi.
“Tempo, affare sicuro”
E iniziamo ad avvicinarci, affrontando il tema del tempo – genericamente inteso – come denominatore di storie, distopie, ucronie vere e proprie o presunte tali. Va detto che il tema del tempo è una garanzia di successo capace di alimentare l’interesse dei lettori nella letteratura di genere.
Il tempo, il viaggio lungo la linea temporale, avanti e indietro, raggiungendo epoche storiche remote o mondi del futuro, è affascinante. Fascino che può non essere a costo zero: basta il mio semplice viaggio nel futuro o nel passato per spostare qualcosa, un accenno, e fare in modo così che il tempo da cui provengo o il tempo che sarà il mio futuro ne sia irrimediabilmente modificato. È l’effetto farfalla, cioè la modifica infinitesimale da me involontariamente procurata, muovendomi nel tempo. Effetto che non è sempre presente: la Macchina del tempo,[7] celebre romanzo dello scrittore inglese Herbert George Wells sembra essere immune da questo intoppo: il protagonista viaggia nel futuro, aiuta gli Eloj, combatte contro i Morlock, ma sembra che la sua presenza e la sua azione non influenzino il destino di quelle società e di quel pianeta, che è la terra e sarà destinato alla scomparsa.
All’opposto dello sviluppo lineare della time line ci sono i molti mondi possibili di Poul Anderson.[8] Se il semplice viaggio nel tempo non è considerato ucronia, è vero che i poliziotti del tempo di Anderson viaggiano fra epoche diverse per correggere distorsioni originatesi da casi accidentali o vere e proprie manipolazioni. Il POD, point of divergence, divarica linee del tempo diverse e compresenti, in cui in una correttamente c’è stato – ad esempio – l’Impero Romano, mentre nell’altro universo parallelo questa fase storica non c’è mai stata
In linea generale, il tema del viaggio nel tempo – insieme a quello relativo al primo contatto[9] con civiltà aliene e l’esplorazione di mondi diversi[10] – è tra i filoni di maggior respiro e frequentazione della letteratura fantascientifica.
Sul tema del viaggio nel tempo o della possibilità di muoversi, fisicamente o avere contatti tramite apparecchi tecnologici – lungo la linea del tempo, verso il futuro si possono ricordare alcuni titoli ormai classici nella letteratura di genere, come La legione del tempo, di Jack Williamson, romanzo del 1938 in cui un gruppo di scienziati e uomini di azione è impegnato a esplorare le ere più turbolente del nostro tempo. In Trappole nel tempo, del 1949, Rog Phillips immagina che sia possibile, mediante appositi telefoni, parlare con le persone nel futuro.[11] Nel 1956 Wilson Tucker pubblica L’uomo che veniva dal futuro, racconto fantapolitico in cui terroristi agiscono dal futuro. Nel più recente (2006) Vendesi tempo, affare sicuro[12] di Paul Di Filippo, l’autore immagina cronobroker intenti a vendere la loro mercanzia: il tempo di domani. E ancora in Rotta di collisione (1973)[13] , Barrington J. Bayley immagina non solo una tecnologia che consente di viaggiare lungo la linea del tempo ma anche un flusso temporale che corre in senso opposto al nostro, con il serio rischio di una collisione fatale. Poi vi sono contaminazioni di genere, come il cyberpunk distopico di Wiliam Gibson che in Inverso[14] immagina una Londra che non riconosciamo.
Più recentemente, il tema del tempo si salda con temi altrettanto praticati nella letteratura di fantascienza, come l’ecologia, così in Marea Tossica[15] dello scrittore cinese Chen Qiufan, del 2013 ma tradotto in Italia solo dieci anni dopo.
Tra le contaminazioni più dirette e dichiarate con la storia, in un’ottica distopica quasi da time patrol, ricordiamo il romanzo di Luca Masali, I biplani di Dannunzio.[16] In questo romanzo del 2016 il Cremlino intende inviare suoi emissari nel tempo passato per modificare addirittura l’esito della Grande Guerra affinché emerga una Russia invincibile. Ma c’è un ostacolo: D’Annunzio e i suoi biplani, appunto…
Infine, un accenno all’opera dello scrittore statunitense Robert R. Heinlein, considerato da alcuni il padre della fantascienza americana e della cosiddetta Storia futura.[17] Invece che al passato, lo sguardo dello scrittore è rivolto al futuro – quindi tecnicamente non saremmo in presenza di ucronìe – cogliendo i momenti più spettacolari che vi avvengono, come l’invenzione della macchina che prevede la morte o le strade mobili. Racconti scritti in epoche diverse, dal primo dopoguerra in poi e sistematizzati in una edizione degli Anni Sessanta e via via ripubblicati.
Una rapida (e incompleta) rassegna ucronica
Per orientarsi nell’universo ucronico, imprescindibile è la mappa fornita dal testo già ricordato di Diego Gabutti,[18] vero zibaldone di ucronìe, distopie, storia altra, con sconfinamenti nell’occulto. Rigidamente disposti in ordine cronologico, ci si imbatte in universi mai esistiti ma che avrebbero potuto essere, con riferimenti bibliografici di opere e autori.
Più vicino all’idea di saggio storico e quindi con la patina dell’accademia a legittimare le ucronie della storia fatta con i se è l’omonima raccolta curata da Robert Cowley,[19] che ammannisce, lungo l’arco della storia dall’VIII secolo a.C. alla fine del XX secolo dell’Era volgare, una serie di percorsi alternativi rispetto ai principali eventi storici del periodo. Se… se l’invasione mongola dell’Europa non si fosse arrestata, se gli Inglesi avessero sconfitto gli insorti Americani nella battaglia di Bunker Hill. Se … in un susseguirsi di non eventi (che non avvennero ma che avrebbero potuto ben verificarsi) la storia è narrata per dimostrare che bastava poco a sovvertire cioè che invece fu. Ma chi lo scrive dimentica, e vien da chiedersi se colpevolmente (e se lo ricorda lo fa per trovare elementi a suffragio della propria tesi alternativa), una verità evidente: è proprio così, bastava poco. Ma se accadde quello che accadde – e non altro – fu perché più che il singolo atto, il contesto lo rendeva inevitabile, pur senza l’esistenza di un meccanismo di accadimento automatico, e quindi senza i limiti dello storicismo di Croce, di cui diremo scrivendo della polemica fra il filosofo napoletano e Adriano Tilgher.
Su questo tema intervengono Alberto ed Elisa Benzoni, con La Storia con i se[20] e interessante punto di vista:
Nessun evento umano è deterministicamente necessitato: sono gli attori stessi a costruire meccanismi di cui si trovano prigionieri, salvo poi invocare la ‘comunità di destino’, l’’inimicizia ereditaria’ o magari la ‘Storia’ (con la esse maiuscola).
Così gli autori affrontano il quesito se sarebbe bastato il fallimento dell’attentato di Sarajevo, con l’arciduca Francesco Ferdinando uscito illeso dalla trappola predisposta dai terroristi serbi della Mano Nera, oppure se sarebbe bastato al mondo l’ammissione alla scuola di disegno di Vienna dello studente privo di titoli ma animato da una passione morbosa per l’architettura ma non per le persone di nome Adolf Hitler, per fare di lui un artista e non un dittatore, salvando il mondo dagli orrori delle due guerre mondiali.[21] Giova, a tal riguardo, notare come Hitler non fu respinto all’esame di ingresso all’Accademia di Vienna perché non aveva titoli per presentarsi all’esame stesso.
Per un panorama dell’universo ucronico sono utili anche le riflessioni alternative e controfattuali curate da Niall Ferguson,[22] saggi che appartengono al filone “ucronico accademico”, cioè riflessioni ucroniche con una patina accademica scevra di eccessi a volte troppo ridondanti, che appartengono di più a una ucronìa fantascientifica.
Il papà dell’Ucronia, Charles Renouvier e la querelle Croce-Tilgher, fra storia, filosofia, rancori personali
Nella sua Storia come pensiero e come azione[23] Benedetto Croce critica duramente Charles Renouvier, con un
Ci voleva … un assai astratto filosofo per scrivere un libro intero al fine di narrare lo sviluppo della civiltà europea che non è stato e che avrebbe potuto essere (in francese nel testo, NdA) sul convincimento che la vittoria politica della religione cristiana nell’Occidente fu un fatto contingente e che sarebbe potuta non accadere ove si fosse introdotta una piccola variazione gravida di conseguenze alla fine del regno di Marco Aurelio e nelle fortune di Commodo, Pertinace e Albino.[24]
L’opera di Renouvier narra, con l’escamotage del ritrovamento di un testo di un monaco del sedicesimo secolo, una storia dell’Impero Romano in cui, alla morte di Marco Aurelio, gli succeda non Commodo ma Avidio Cassio, evento gravido di tali conseguenze «la principale delle quali è che non è il cristianesimo a trionfare nell’Impero ma la filosofia stoica che contribuirà a costruire uno Stato fondato sulla ragione, sulla libertà e sulla giustizia».[25]
«Ora ho cominciato ad occuparmi del Vacherot e del Renouvier»: il 6 agosto 1909 Adriano Tilgher scrive così a Croce, è la prima annotazione nel carteggio fra i due in cui Tilgher nomina il filosofo francese, scomparso nel 1903.[26] Oggetto del suo lavoro intellettuale è Essai de la critique general, pubblicato nel 1875; una lettura che Tilgher abbina a Vacherot per un lavoro su Bergson. Le letture filosofiche estive devono risultargli alquanto impegnative, tanto da confidare a Croce che «Tra il caldo eccessivo e il surmenage intellettuale cui mi ero dato, mi sono abbattuto un po’ ma ora sto bene».[27]
Il rapporto fra Croce e Tilgher è un rapporto fra persone di levatura e biografia molto diverse. Croce è il filosofo più in vista dell’Italia del Novecento, Tilgher ha una ventina d’anni in meno e godrà di una vita più breve e tormentata. Studente di Giurisprudenza a Napoli, diventa poi bibliotecario e – anche con l’aiuto di Croce – ottiene incarichi a Torino e Roma. Collabora con Croce con traduzioni ma è poco sistematico e previso con il lavoro, tanto che il legame fra i due si inaridisce, portando a una rottura.
La critica allo storicismo di Croce, da parte di Tilgher, trova enucleazione in alcuni scritti.[28] Sostanzialmente, Tilgher rimprovera a Croce il suo storicismo il cui fine è «il pieno trionfo della Ragione».[29] Ma le contraddizioni della società liberale vengono alla luce con la Prima guerra mondiale, facendo svanire l’idea di storia come processo divino;[30] e riferendosi direttamente alla Storia di Croce, scrive:
Quale la visione storica che tutto lo informa, tale lo stile chiaro ma senza calore, luminoso ma di luce uniformemente diffusa, senza chiaroscuri e senza violenti contrasti di luce e di ombra, fontana d’acqua chiara che effonde monotonamente con un corso sempre eguale il suo liquido getto.[31]
Nota è la posizione di Croce sul giudizio storico del fascismo, una parentesi nella storia italiana,[32] Tilgher considera quindi lo storicismo come “incapace” di fondare un’Azione veramente creatrice di Storia: «Lo Storicismo non può giustificare che una azione riformistica, che continua la Storia già creata, ma non crea, essa, nuova Storia».[33]
Liquidare il fascismo come una parentesi, una escrescenza sul corpo sano della nazione liberale è certo limitativo, priva il fascismo stesso di una sua posizione nella storia italiana che non sia la sola posizione assolutoria e comoda del male che precede il bene.
In questa querelle, pensiamo non siano estranei i rancori personali di Tilgher verso Croce il quale, ad un certo punto, stanco delle pressanti richieste di un suo intervento a favore del giovane corrispondente, per migliorarne la condizione professionale e avvicinarlo a Napoli, tronca la relazione. Tilgher non è fascista, aderisce al manifesto degli intellettuali promosso da Croce, subisce anche un’aggressione squadrista ma il fascismo gli offre la possibilità di una ribalta versus Croce, ed egli ne approfitta. Si colloca così, suo malgrado probabilmente, nelle sirti della “controinformazione”, sino a subire forzature e distorsioni del proprio pensiero.
Casa nostra: ucronie italiche e l’ombra del fantafascismo
Spiega bene Emiliano Marra nel suo saggio[34] il percorso diverso, accidentato e originale, del filone ucronico italiano. Originatosi in un Paese uscito sconfitto dalla guerra, l’ucronia italiana assume sin dall’inizio e conferma con il passare del tempo (e delle pubblicazioni) una marcata impostazione di destra, anche se non mancano esempi diversi.
Se il primo romanzo ucronico italiano può essere addirittura considerato L’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto,[35] è con gli anni del secondo dopoguerra e la pubblicazione del romanzo Benito I Imperatore[36] di Marco Ramperti che inizia ad affermarsi una letteratura ucronica originale.
All’opera di Ramperti si arriva dopo altri esempi ucronici, come Lo zar non è morto[37] – uscito in prima edizione nel 1929 e che vede fra i dieci autori Massimo Bontempelli e Marinetti – e la Storia di domani[38] di Curzio Malaparte, che il libro di Ramperti precede di poco, essendo pubblicato nel 1949.
Se il romanzo… a venti mani dei dieci autori è un “grande romanzo d’avventure”,[39] il romanzo di Malaparte è un lavoro più strettamente ucronico e politico: l’Europa è invasa dall’Armata rossa, i politici italiani sono in carcere (l’autore immagina di essere recluso con De Gasperi) mentre una strana umanità si aggira per le strade di Roma, in cui le vie sono state ribattezzate con nomi della nomenklatura sovietica. Così lungo la Prospettiva Stalin incontra un omaccione in gonnellino rosa, che altri non è che l’attore Amedeo Nazzari, mentre un gruppo di donne si avvicina e si nota «sul seno di ciascuna» ricamata una grande cifra: sono le giovani di buona famiglia divenute prostitute di Stato e il numero è la loro tariffa.
Opera politica è l’ucronìa di Ramperti, che con Benito I Imperatore immagina che Mussolini non sia finito a Piazzale Loreto ma, vinta la guerra con l’uso dell’atomica, abbia proseguito nel suo governo dell’Italia. Nel romanzo, che prende forma negli ambienti giovanili dell’MSI e della destra evoliana, si mettono alla berlina i tanti campioni dell’antifascismo convertitisi al nuovo credo solo dopo la sconfitta del regime. Un po’ la parabola del suo autore, quel Marco Ramperti, abile giornalista, fine polemista che – nei mesi della Repubblica di Salò – non si accontentò di rimanere nella penombra delle seconde fila fra gli intellettuali di regime ma, anzi, salì alla ribalta dei riflettori. Catturato dopo la Liberazione, condannato per le sue idee, e non solo, frequenterà, alla sua scarcerazione, gli ambienti della destra, scrivendo per giornali e riviste.
All’esempio di Ramperti farà seguito, nel 1972, la raccolta Fanta Italia. Sedici mappe del nostro futuro curata da Vittorio Curtoni, Gianfranco De Turris e Gianni Montanari[40] che ospita il racconto di Pier Carpi, La morte del Duce, avvenuta… nel settembre 1971![41]
Nel 2005 è la volta di un tentativo articolato e velato di autorevolezza di scrivere addirittura una storia (alternativa) d’Italia. Si tratta di Se l’Italia [42], curata sempre da Gianfranco de Turris e con l’autorevole prefazione dello storico Franco Cardini. Il volume si pone come un tentativo serio e accademico, fuori dalle polemiche politiche, di fare storia ucronica focalizzandosi sull’intera storia italiana e non solo sul periodo fascista.
Tentativo, rinnovato pochi anni dopo sempre dallo stesso de Turris, questa volta focalizzandosi sul Risorgimento.[43] Per arrivare, si potrebbe dire “finalmente” alla raccolta Fantafascismi[44] sempre curata da de Turris in cui compare anche un racconto di Mario Farneti, che aveva già inaugurato la serie di Occidente,[45] la cui sinossi è un vero programma:
Giugno 1940. Mussolini sceglie la neutralità e non entra in guerra a fianco di Hitler. Dopo la caduta del nazismo scoppia un nuovo conflitto. È la Terza Guerra Mondiale. Gli eserciti occidentali dilagano attraverso le steppe russe. Le “Camicie Nere” di Mussolini entrano per prime a Mosca. L’Unione Sovietica si dissolve. Ottobre 1972. Dopo mezzo secolo di potere incontrastato Mussolini sta per celebrare il Cinquantenario dell’Era fascista. L’Italia è padrona di un territorio immenso che va dalla Somalia alle steppe asiatiche. Forze occulte e palesi complottano però con lo scopo di annientare l’Impero, che Mussolini ha creato sull’immagine di quello di Roma. Il tribuno Romano Tebaldi cercherà di svelare un disegno oscuro e, all’apparenza, irrazionale.
Il tema diviene successivamente una trilogia: Occidente, Attacco all’Occidente, Nuovo Impero d’Occidente.
Nel panorama ucronico italiano va inserito anche Guido Morselli, lo scrittore lombardo a lungo dimenticato e scoperto solo dopo la morte per suicidio. In Contro passato prossimo, Morselli crea un universo ucronico in cui l’Italia esce sconfitta dal primo conflitto mondiale – causa di altri effetti futuri – mentre in Roma senza papa[46] immagina una vicenda più precisamente distopica e visionaria, con un papa irlandese, Giovanni XXIV, e una Roma papalina molto diversa dall’attuale, arrivando alla possibilità di matrimonio per i sacerdoti ma anche vagheggiando come concretamente possibile una composizione delle varie fratture dottrinali fra le chiese alla grotta di Betlemme; mentre il papa da Roma si trasferisce a Zagarolo.
Infine va ricordato, anche solo per il coraggioso tentativo di essere una riscrittura ucronica della storia addirittura del mondo in toto, il volume autopubblicato di Gianluca Tartarelli, La storia con i Se e di Ma. Spunti e racconti [47] in cui la narrazione ucronica parte addirittura dal Big Bang, momento in cui se «la forza e la spinta gravitazionali avessero avuto valori tali che… o se il bosone di Higgs non fosse mai esistito…» e via deducendo ….
Storie ucroniche, qualche considerazione letteraria
È difficile trovare una narrazione ucronica che sia appassionate per il mero profilo letterario. È un semplice giudizio di lettore, certo; ma puntando sempre su colpi di scienza, sullo stupore di cose (non) accadute, prevale la meraviglia del possibile, in un susseguirsi di azioni e colpi di scena: ad esempio i G91 italiani che sfrecciano su Da Nang nelle pagine iniziali di Occidente.
Ci sono casi, però dove questo rapporto si rovescia, la narrazione ucronica diventa letteratura.
Fra letteratura e pura narrazione si pone Fatherland [48] di Robert Harris, che nei primi Anni Novanta ridiede slancio alla narrativa ucronica. Se il genio visionario di Philip Dick è stato troppo spesso, e troppo sbrigativamente, definito come narrativa di genere, il suo La svastica sul sole[49] ha il merito narrativo di rendere appassionante un banale ribaltamento di destino, mantenendo la speranza che forse le cose non sono andate come le conosciamo e che, forse, gli Stati Uniti hanno davvero vinto la guerra.
Con Jorge Louis Borges e Philip Roth tocchiamo invece vertici altissimi di letteratura. L’universo possibile de Il complotto contro l’America[50] ha la forza morale di indicare quello che avrebbe potuto accadere, non chissà dove, ma negli avanzati e civilissimi Stati Uniti d’America con la presidenza ottenuta da un filonazista Charles Lindbergh, mentre la raffinatissima scrittura di Borges ci consegna universi possibili e ucronici di grande raffinatezza.[51]
Il lato oscuro della storia
Come abbiamo provato a enumerare, varie sono le forme attraverso le quali l’ucronìa si è manifestata e declinata. Attraverso libri, film, fumetti, spesso intrecciandosi e confondendosi con la fantascienza e universi distopici, questi ultimi, anche loro, spesso in sovrapposizione con la fantascienza. Varie forme ed esiti molto diversi, così diversi da rendere variegato l’universo ucronico, per non dire fortemente frammentato.
Se appare appassionante, e a volte, quasi assume le vesti di una revanche ideologica, il giocare con il tempo e le vicende storiche è sicuramente intrigante. Non soltanto per immaginare cose che avrebbero potuto accadere ma anche per il sottile piacere demiurgico di essere creatori di storia.
E tutto questo in un periodo di forte crisi della storia, periodo in cui la disciplina ha perso molto del suo appeal, in favore di altri approcci: l’economia, la sociologia… Ritengo che la storia condivida tale condizione negletta con la Geografia. Detto in altri termini: le fortune delle narrazioni ucroniche o anche solo di universi distopici e spazi “altri” o di vicende che si svolgono in mondi paralleli, società che sembrano la nostra ma che non sono, hanno coinciso con un lento declinare della Storia come disciplina per interpretare il mondo e guardare al futuro. Paradossalmente, si preferisce usare la storia come presto narrativo di una cosa che storia non è, piuttosto che – semplicemente – studiare la storia, trovare nuove piste interpretative. Cioè fare storia.
Sia detto questo per tacere del romanzo storico e di un’altra area di interesse, quella dei cosiddetti misteri della storia[52]. Se nell’ucronìa si afferma la domanda “Se…” nella storia misterica prevale il “Perché?…” che non alimenta le domande e la ricerca ma rafforza l’alone di mistero che circonda fatti, territori, civiltà. Un “Perché” che non chiarisce ma che, al contrario, offusca ulteriormente. Entrambi i temi hanno in comune la meraviglia: il primo in relazione a ciò che potrebbe essere stato (e c’è mancato poco che fosse così) il secondo di fronte al presunto, inspiegabile ignoto.
Così facendo la Storia torna a essere mitologia, cose da entità divine, oppure precipita in tempi altri in cui le cose sono andate diversamente da come sappiamo o ci hanno raccontato. E come nelle fiabe o nelle mitologie prevale lo stupore, così questo effetto è ricercato nelle narrazioni ucronìche: la meraviglia! Allora poteva veramente andare in questo modo diversi… e se fosse andato davvero così?
E sappiamo che la mitologia non si discute, si accetta.
Nel 2020 esce in italiano il saggio di Harald Haarmann sulle culture dimenticate [53]. Toccando temi quali le misteriose sculture dell’Isola di Pasqua, piuttosto che le mummie bianche rivenute in Cina, il saggio ha il merito di porre l’accento sulla natura fuorviante di una ricostruzione storiografica eurocentrica e che, fatto ancor più grave, presuma che lo sviluppo delle civiltà sia non solo lineare, senza ramificazioni o salti bruschi, ma orientato, cioè debba aver senz’altro seguito una traccia razionale di sviluppo, senza interventi provvidenziali o causali. La Storia è ben più complessa di qualunque semplificazione storicistica e molto più affascinante e stupefacente della migliore deriva ucronica. Rinunciare a studiare la storia e a fare storia significa lasciare il campo ai non storici che di ricostruzioni approssimative, ucronie, distopie sono ben forniti dispensatori. I se e i ma non sono esclusivamente vettori ucronici ma domande che magari aprono sentieri imprevisti allo storico.
Questo per dire che la Storia offre tali e tanti spunti, miriadi di seduzioni intellettuali che afferiscono a un approccio scientifico alla storia stessa che l’apparentemente sgargiante universo ucronico, al confronto, ne risulta svilito.
E, aggiungiamo: falso.
E se …
Norman e Livvy sono due giovani e innamorati sposi che si ritrovano, un giorno, a viaggiare in treno verso News York. Livvy è però contrariata: sono arrivati in ritardo affannoso alla stazione, hanno fortunosamente trovato l’unico posto libero sul vagone e si annuncia un viaggio non certo di pura comodità. Norman no, è tranquillo – come sempre – forte della perfetta sicurezza di aver spostato la ragazza giusta. Comincia così il racconto di un ancora poco conosciuto Isaac Asimov,[54] novella in cui, durante un viaggio in treno, la giovane Livvy punzecchia il marito: «Se tu non fossi stato su quel tram, quel giorno, probabilmente non mi avresti conosciuta Cosa avresti fatto allora?». Norman è convinto: «…ti avrei conosciuto un altro giorno, attraverso Georgette». Ma di fronte a loro siede uno strano ometto, che si presenta come “E se…” e mostra loro quello che sembra un nuovo modello di televisione. In realtà è un visore per mostrare loro le loro vite… se quel dato giorno non si fossero incontrati, se invece di rovinargli addosso, Livvy fosse riuscita ad afferrare il corrimano nella vettura del tram, se… Se fosse successo tutto questo, semplicemente… sarebbero diventati marito e moglie solo qualche tempo dopo e in quel preciso momento sarebbero dove sono, cioè su un treno fra Boston e New York. Fra tutti i possibili se… il denominatore comune è la certezza del loro amore.
Isaac Asimov, abbandonando una rara volta l’ambito di divulgatore scientifico o di grande narratore di fantascienza ci regala così un piccolo, delizioso racconto. Probabilmente i due sposini sono in realtà proprio Asimov e la moglie. Certo una risposta ben assestata a tutte le ucronie del mondo: i fatti sono andati come sono andati e non potevano andare diversamente.
Semplicemente.
Note:
[1] Cfr. M. Bucchi, La lettera che cambiò il mondo, in “Il Foglio”, 22, 23 luglio 2023. Su questa vicenda, on line in generale vedi: Lettera Einstein-Szilárd – Wikiquote. Per approfondire: R. G. Hewlett, O. E. Anderson jr., The new world, vol. I: 1939- 1946, Pennsylvania State University Press, 1962. PDF on line: HewlettandAndersonNewWorldNoBookmarks.pdf (energy.gov).
[2] Dylan Dog, Ucronia, n. 240, settembre 2006, Sergio Bonelli editore.
[3] D. Gabutti, Ucronòmicon. Ovunque e quandunque nel multiverso, Write Up, Roma 2022.
[4] E. Marra, Il caso della letteratura ucronica italiana. Ucronia e propaganda nella narrativa italiana, in “Between”, IV.7 (2024), http://www.Between-journal.it
[5] https://www.litis.it/2021/11/06/lucronia-ovvero-la-storia-come-non-e-stata-e-come-avrebbe-potuto-essere/. A queste note on line si può fare riferimento anche per una prima e succinta nota cronologica delle opere ucroniche.
[6] P. Anderson, La pattuglia del tempo, Mondadori, Milano 1995.
[7] H. G. Wells, La macchina del tempo, Crescere edizioni, 2021.
[8] P. Anderson, I guardiani del tempo, Urania, Mondadori, Milano 1977. E la successiva edizione di questa raccolta, con un numero maggiore di racconti, La pattuglia del tempo, Mondadori, Milano 1995.
[9] Sul tema vedi il recente volume collettaneo F. Forte (a cura di), Primo contatto, Urania, Mondadori, 2022.
[10] In merito, vedi il recente volume Strani mondi, Urania, Mondadori, 2019, curato da Franco Forte.
[11] J. Williamson, R. Phillips, J. Sohl, Trappole nel tempo, Urania, Mondadori, Milano 2005.
[12] P. Di Filippo, Vendesi tempo, affare sicuro, Urania, Mondadori, Milano 2012.
[13] B. J. Bayley, Rotta di collisione, Urania, Mondadori, Milano 2022.
[14] W. Gibson, Inverso, Mondadori, Milano 2017.
[15] C. Qiufan, Marea tossica, Urania, Mondadori, Milano 2023.
[16] L. Masali, I biplani di D’Annunzio, Urania, Mondadori, Milano 2016.
[17] R. Heinlein, La storia futura, vol. I, Urania, Mondadori, Milano 1997.
[18] Cfr. D. Gabutti, Ucronòmicon. Ovunque e quandunque nel multiverso, Write Up, Roma, 2022.
[19] Cfr. R. Cowley (a cura di), La storia fatta con i se. Se Napoleone avesse vinto a Waterloo e altri eventi che avrebbero potuto cambiare il mondo, BUR, Milano, 1999.
[20] . Cfr. A. Benzoni, E. Benzoni, La storia con i se. Dieci casi che potevano cambiare il corso del Novecento, Marsilio, Venezia 2013.
[21] Qui va ricordato N. Spinrad, Il signore della Svastica, romanzo di Adolf Hitler, Longanesi, Milano 1972.
[22] Cfr. N. Ferguson (a cura di), Virtual History. Alternatives and controfactuals, Picador, 1997.
[23] Cfr. B. Croce, La storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari, 3a edizione, 1973 (I ed. 1938).
[24] Croce, 1973 (1938), p. 20.
[25]https://www.litis.it/2021/11/06/lucronia-ovvero-la-storia-come-non-e-stata-e-come-avrebbe-potuto-essere/
[26] Cfr. A. Tarquini (a cura di), Carteggio Croce – Tilgher, Il Mulino, Bologna 2004, p. 25.
[27] Cfr. Tarquini, 2004, p. 28.
[28] Per un primo approccio con le riflessioni di Tilgher vedi: A. Tilgher, Storia e Antistoria, Ciarrapico editore, Roma, 1984. Questo volume da parte della collana I classici della controinformazione, curata e diretta da Marcello Veneziani.
[29] Cfr. Tilgher, 1984, p. 26.
[30] Cfr. Tilgher, 1984, p. 34.
[31] Cfr. Tilgher, 1984, p. 51.
[32] Così l’avvertenza dello stesso Croce, nel 1947 alla nuova edizione della sua Storia d’Italia. Specificando che in quella edizione, la nona del suo saggio, “non sono altre modificazioni che lievi ritocchi, come già nelle precedenti ristampe. Viene essa fuori quando ormai da circa quattro anni, l’Italia crollato il funesto regime che è stato una triste parentesi nella sua storia, respira di nuovo – pure tra le difficoltà del presente e ei pericoli – nella libertà della quale, io, scrivendo questo libro nel 1927 procurai da mia parte che non si perdesse il ricordo e il desiderio”. Per una analisi delle posizioni, rispetto il Fascismo, dei contemporanei, recentemente vedi: F. Fantanella, Le interpretazioni di fascismo, in: Gianfranco Pasquino (a cura di), Fascismo. Quel che è stato, quel che rimane, Treccani, Roma 2022, pagg. 137-147.
[33] Cfr. Tilgher, 1984, p. 57.
[34] Cfr. E. Marra, Il caso della letteratura ucronica italiana. Ucronia e propaganda nella narrativa italiana, in “Between-Journal.it”, vol. IV, n. 7 (Maggio/ May 2014), disponibile on line all’indirizzo: (PDF) Il caso della narrativa ucronica italiana. Ucronia e propaganda nella narrativa italiana. | Emiliano Marra – Academia.edu
[35] Si riporta qui il riferimento del poema raccontato da Italo Calvino, Orlando furioso di Ludovico Ariosto, Mondadori, Milano, 2016.
[36] M. Ramperti, Benito I imperatore, 1950.
[37] L’edizione del romanzo da noi consultata è: I Dieci, Lo Zar non è morto. Grande romanzo d’avventure, Alpha Test, Milano 2005.
[38] C. Malaparte, Storia di domani, Aria d’Italia, Roma, 1949.
[39] Così recita il sottotitolo dell’opera.
[40] Sedici mappe del nostro futuro, La Tribuna, Piacenza, 1972.
[41] Vedi, P. Carpi, La morte del Duce, in: Sedici mappe, cit., pagg. 22- 29.
[42] G. de Turris (a cura di), Se l’Italia. Manuale di storia alternativa da Romolo a Berlusconi, con la prefazione di Franco Cardini, Vallecchi, Firenze, 2005.
[43] G. de Turris (a cura di), Altri risorgimenti, L’Italia che non fu (1841- 1870) Bietti, Milano 2011. Prefazione di Paolo Granzotto.
[44] G. de Turris (a cura di), Fantafascismi. Venti racconti di storia alternativa, Bietti, Firenze, 2018.
[45] M. Farneti, Occidente, Editrice Nord, Milano,
[46] G. Morselli, Roma senza Papa, Bompiani, Milano 1988.
[47] G. Tartarelli, La Storia con i Se ed i Ma. Spunti e Racconti, Amazon Italia, sd.
[48] R. Harris, Fatherland, Mondadori, Milano 1992.
[49] P. K. Dick, La svastica sul sole, Fanucci, Roma 1997.
[50] P. Roth, Il complotto contro l’America, Einaudi, Torino 2005.
[51] Si può qui rimandare, ad esempio, alla raccolta di racconti Finzioni, apparsa in più edizione in italiano. Ci riferiamo qui all’edizione della collana i Meridiani: J. L. Borges, Tutti i racconti, Mondadori, Milano 1984.
[52] Sul tema, in generale, vedi ad esempio: M. Polidoro, Gli enigmi della storia, Piemme, Casale Monferrato 2003.
[53] Cfr. H. Haarmann, Culture dimenticate. Venticinque sentieri smarriti dell’umanità, Bollati Boringhieri, Torino 2020 (ed. inglese 2019)
[54] Cfr. I. Asimov, E se …, in G. Conklin (a cura di), Racconti di fantascienza scritti dagli scienziati, Rizzoli, Milano 1965, pag. 28.