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Autore/i: Rossella Pace
Parole chiave: Giacomo Matteotti, Antifascismo, violenze politiche, Fascismo, Squadrismo, Socialismo
Come citare questo articolo: Rossella Pace, Giacomo Matteotti, un profilo biografico, in “I Luoghi della storia nel Novarese e nel Verbano-Cusio-Ossola”, A. 1 – N. 2/2024
Giacomo Matteotti, un profilo biografico
Fu proprio Matteo che esercitò su Giacomo una forte e profonda influenza. Egli, infatti, contribuì con la sua attività intellettuale a politica a instradarlo verso gli ideali e la militanza socialista.
Compiuti gli studi a Bologna in Giurisprudenza, Giacomo si laureò nel 1907 con una tesi sulla recidiva. Nel 1912 – lo stesso anno nel quale venne eletto sindaco di Villamarzana – durante una vacanza all’Abetone conobbe Velia Titta, che nel 1916 sarebbe diventata sua moglie, e dalla quale avrebbe avuto tre figli. Velia fu la compagna perfetta, il baricentro della vita di Giacomo: la consigliera fidata alla quale confidare tutti i suoi problemi e i suoi dubbi, in una situazione politica sempre più complessa e difficile.
Matteotti entrò in Parlamento per la prima volta nel 1919, eletto nel collegio di Rovigo – Ferrara, e venne successivamente rieletto nel 1921 e nel 1924. La sua prima elezione fu un risultato inaspettato, se si pensa che i suoi atteggiamenti pacifisti e antimilitaristi durante la guerra di Libia e, soprattutto, nei confronti dell’ingresso dell’Italia nella Prima guerra mondiale gli erano costati l’allontanamento dal Polesine e il confino a Messina, dove rimase, appunto, fino al marzo del 1919.
L’elezione a Montecitorio sulla spinta della crescita del movimento socialista portò Matteotti ad assumere responsabilità non più solo locali, ma nazionali nel suo partito. In esso, come in Parlamento, si impose per competenza, capacità argomentativa e impegno, mettendo al centro dei suoi interessi la regolamentazione dell’amministrazione statale, il riordino delle finanze e l’ordine pubblico.
Proprio l’ordine pubblico – declinato dal punto di vista cruciale della difesa delle libertà e della democrazia contro la tendenza autoritaria del fascismo – dopo le elezioni dell’aprile del 1924 fu uno dei punti nevralgici del discorso che Matteotti tenne in Parlamento il 30 maggio dello stesso anno. Fu in questo momento che il suo lucido ingegno politico – avrebbe scritto Piero Gobetti – mise in moto quel cancan di opposizione al governo sorto in Parlamento nei giorni successivi al suo discorso.
La sua capacità di nutrire di argomentazioni solide e inoppugnabili l’opposizione al fascismo venne da subito percepita come una svolta irreversibile nella politica italiana, e fu una delle motivazioni che portarono la banda di sicari fascisti a rapirlo il 10 giugno del 1924 mentre, come suo solito, si recava in Parlamento per continuare a dar battaglia.