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Autore/i: Giannino Piana
Parole chiave: Achille Marazza, Resistenza, Dopoguerra, Alcide De Gasperi, Cattolicesimo
Come citare questo articolo: Giannino Piana, Recensione di Aa. Vv., Il cattolicesimo liberale di Achille Marazza, in: Novarien, 51 (2021-2022), pp. 7-134., in “I Luoghi della storia nel Novarese e nel Verbano-Cusio-Ossola”, A. 1 – N. 1/2024
Aa. Vv., Il cattolicesimo liberale di Achille Marazza, in: Novarien, 51 (2021-2022), pp. 7-134.
La figura di Achille Marazza, uno dei principali protagonisti della Resistenza, del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) e degli inizi della Prima Repubblica, è stata – purtroppo – per molto tempo dimenticata. Il silenzio che l’ha a lungo circondata è oggi fortunatamente rotto dalla presenza di una serie di studi di grande interesse che si sono succeduti in questi ultimi anni, grazie alla sensibilità e all’intraprendenza di Giovanni Cerutti, Direttore della “Fondazione Marazza”.
Nella sede di questa Fondazione, a Borgomanero (NO), si è svolto il 13 novembre 2021 un importante Convegno dal titolo Il cattolicesimo liberale di Achille Marazza di cui la rivista Novarien dell’Associazione di storia della chiesa novarese (curata dall’editrice Interlinea), ha pubblicato gli atti. Le relazioni svolte da illustri storici sono qui riproposte, insieme a una serie di interventi di Cerutti, che affronta aspetti diversi dell’impegno sociale e politico di Marazza, e a una significativa raccolta fotografica dovuta a Barbara Gattone, che passa in rassegna incontri significativi di Marazza con rappresentanti autorevoli della vita politica e culturale di quel momento storico.
Il volume si apre con una prima parte dedicata alle relazioni introduttive del Convegno, che hanno soprattutto per oggetto la ricostruzione del contesto storico-sociale e culturale che fa da sfondo alla riflessione e all’azione di Marazza. Giancarlo Andenna prende in esame le relazioni intercorse tra il cattolicesimo novarese e quello milanese. Ciò che viene in luce è, da un lato, il travaglio del mondo cattolico nei confronti della modernità con l’avanzare di concezioni del mondo alternative rispetto a quella cattolica in ragione soprattutto dei nuovi sviluppi della scienza; e, dall’altro, la centralità assunta dalla questione sociale, che è fonte di un dibattito serrato anche all’interno del mondo cattolico, in particolare dopo la promulgazione dell’enciclica Rerum novarum di Leone XIII. Il confronto evidenzia una certa dipendenza della chiesa novarese da quella milanese, pur con il proporsi di consistenti discontinuità, che rendono trasparente la maggiore vivacità ed effervescenza della seconda, soprattutto grazie all’attività pastorale del card. Ferrari, e un consistente provincialismo della prima con l’alternarsi di aperture e di chiusure nei confronti della società circostante.
Angelo Stella propone una sorta di intermezzo, che scandaglia la profonda influenza esercitata su Marazza dal pensiero di Manzoni, alle cui opere si era accostato fin da giovane sollecitato dallo zio materno Giulio Bonola, appassionato cultore dello scrittore milanese di cui non apprezzava soltanto la scrittura letteraria, ma condivideva soprattutto le idee sociopolitiche: la sua convinta adesione e il suo aperto sostegno al costituzionalismo liberale e al pensiero illuminista, nonché la sua concezione di chiesa ispirata a una visione “laica”, che si traduceva in una forte critica al potere mondano e alla insistita richiesta di speciali privilegi.
L’approfondimento di queste ultime riflessioni è appannaggio di Alfredo Canavero, che si concentra sulla questione della libertà. Il pieno consenso di Manzoni al sistema delle libertà affermatesi con la Rivoluzione francese, senza che questo comporti rinuncia all’appartenenza alla chiesa cattolica, costituisce l’asse attorno al quale ruota la prospettiva manzoniana. Egli si misura – osserva Canavero – con gli eventi civili ed ecclesiali del tempo, mettendo l’accento in particolare sugli aspetti di novità che emergono e che determinano importanti svolte all’interno della politica italiana. Tra questi Canavero riserva uno spazio rilevante alla nascita del Partito popolare di Sturzo, che propone, dopo la caduta del Non expedit, una presenza dei cattolici nella vita politica italiana, ispirata a una vera laicità – si tratta di un partito non confessionale e indipendente dalla gerarchia ecclesiastica – e impegnata in una promozione sociale volta all’ampliamento e al consolidamento della democrazia. L’avvento del fascismo arresta sul nascere questo processo di crescita, ma consente anche che si rafforzi in chi si oppone la coscienza dei valori che hanno dato vita alla Resistenza, trasformando il cattolicesimo da “cattolicesimo liberale” in “cattolicesimo democratico”, il quale rivendica nell’immediato dopoguerra come valore il pluralismo ideologico e sociale, che è stato al centro della sua azione politica.
La seconda parte del testo è costituita da tre contributi di Giovanni Cerutti, frutto di interventi svolti in circostanze diverse; contributi che entrano nel merito dell’azione politica e civile di Marazza, fornendo un’ampia e circostanziata rassegna dei diversi momenti nei quali tale azione si è sviluppata. La ricostruzione della formazione culturale ricevuta in seno alla famiglia e approfondita dalla partecipazione alla Fuci con incarichi a livello nazionale – un importante ruolo ha rivestito in proposito la figura di mons. Giandomenico Pini da sempre antifascista – hanno spinto Marazza, dopo il conseguimento della laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Pavia, a entrare nella vita politica in sede locale, aderendo al partito popolare e partecipando al consiglio comunale di Borgomanero con un ruolo di primo piano, fino alla sua chiusura da parte del prefetto nel 1923.
Cerutti dà spazio, in questo quadro ricostruttivo, anche alle scelte di Marazza a proposito della Prima guerra mondiale, mettendo in luce la sua adesione all’interventismo – il mondo cattolico era al riguardo diviso –, con la scelta di andare sul fronte nel 1915, in quanto riteneva la liberazione di una parte dell’Italia dal potere austriaco una sorta di completamento del Risorgimento, la piena edificazione cioè dello Stato nazionale. Superò, in seguito tale posizione aprendosi ai problemi, che hanno costituito il nucleo fondamentale delle convinzioni alle quali si è ispirato nella sua azione politica. Nel 1938, dopo un periodo in cui si era ritirato dalla politica e dedicato all’attività professionale, Marazza diede inizio, nel suo stesso studio, ad incontri clandestini con antifascisti; incontri che portarono alla stesura del documento Linee ricostruttive, che contribuì a definire le basi ideali della Democrazia cristiana: dall’allargamento della presenza popolare all’esigenza di incisive riforme economiche per completare il disegno della trasformazione dello stato democratico. Scrive Cerutti (a pag. 103) che
Marazza si era convinto che la vera emancipazione, e la conseguente capacità di esercitare i propri diritti di cittadinanza all’interno di una comunità politica solidale passasse dalla capacità della collettività di creare le condizioni per mettere a disposizione di tutti coloro che la compongono gli strumenti culturali per imparare a leggere sé stessi e il mondo, soprattutto in una società come quella italiana ancora segnata da profonde diseguaglianze.
Cerutti non esita ad affrontare anche la spinosa, delicata questione della inclusione di Marazza nella lista dei criminali di guerra redatta dal governo iugoslavo e consegnata a quello italiano nell’immediato dopoguerra, con la richiesta dell’estradizione. Da questa accusa, che non mancò di gettare un’ombra sulla sua figura, soprattutto per la campagna denigratoria strumentale fatta dalla stampa di sinistra (in particolare dall’Unità), Marazza è uscito pienamente assolto dalla ricerca storica più accreditata, che ha fatto definitivamente chiarezza sulla vicenda, ricostruendo in modo del tutto attendibile quel segmento della storia nazionale.
Gli ultimi due saggi di Cerutti sono dedicati rispettivamente alla partecipazione di Marazza alla Resistenza e all’amicizia con Alcide De Gasperi. Sul primo tema – quello della Resistenza – è noto il contributo da lui offerto sia con il coinvolgimento nella lotta partigiana, a partire dall’inizio della guerra nel 1943, quando si mise alla guida di un piccolo nucleo di uomini salendo in Val Vigezzo e costituì una delle prime formazioni partigiane; sia in seguito attraverso l’assunzione di un ruolo di primo piano nel Comitato di Liberazione nazionale Alta Italia. In quest’ultimo periodo, accanto all’impegno diretto nell’azione antifascista, egli intraprese con altri una matura riflessione attorno alla natura del fascismo e delle cause che lo avevano provocato, rilevando la necessità di una radicale discontinuità con il regime – di grande lucidità era stata in proposito l’analisi di Sturzo – e delineando i contorni del futuro stato mediante la rifondazione dell’unità nazionale sulle fondamenta del patrimonio ideale della Resistenza, cioè dei valori da essa resi trasparenti che rappresentavano un’eredità morale per la costruzione di una rinnovata (e reale) democrazia.
Il secondo tema – quello dell’amicizia con De Gasperi – è venuto alla luce grazie alla scoperta di un interessante carteggio Marazza-De Gasperi trovato presso l’archivio Marazza (e riprodotte digitalmente nell’epistolario De Gasperi), dal quale emergono gli stretti rapporti con il fratello di Alcide, Augusto, tra il 1923 e il 1924 negli anni della comune militanza nel Partito popolare. Tra il 1941 e il 1942 De Gasperi, che si recava clandestinamente a Milano, conobbe Marazza, stringendo con lui uno stretto rapporto di collaborazione nell’impresa della fondazione della Democrazia cristiana. Il rapporto si trasformò poi in grande stima e in una profonda amicizia, al punto che, nell’immediato dopoguerra, De Gasperi lo volle con sé come ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, incarico che Marazza non gradì molto per la materia che gli era estranea. Il legame continuò anche in seguito fino alla morte del grande statista trentino.
Marazza mantenne sempre – è giusto infine ricordarlo – uno stretto e speciale rapporto con la città di Borgomanero, dove – come già sottolineato – ebbe inizio la sua vita politica e dove spesso tornava nella villa della famiglia della madre Bonola. A confermare questo forte rapporto vi è la donazione della sua casa alla città – fu questo l’ultimo atto pubblico della sua vita – per farne una biblioteca pubblica.
Il volume (perché si tratta di un vero volume di oltre trecento fitte pagine) costituisce dunque un importante contributo alla conoscenza di un personaggio di alto livello morale e di raffinata cultura politica, che ha esercitato un ruolo di grande importanza nella vita italiana del Novecento. Il lavoro coordinato da Giovanni Cerutti merita una particolare attenzione perché concorre non solo a proporre la figura di un protagonista della vita politica del nostro Paese, ma anche a ricostruire lo scenario di un momento storico particolare che merita di essere ulteriormente studiato.